CASA DELLO STUDENTE, 1934



La Casa dello studente non è collocata in un luogo precisato, ma è interessante il fatto che sia immaginata non in un'area periferica, bensì alla confluenza dei flussi viari di un centro urbano inteso come il luogo più adatto alla vita studentesca. Si tratta di un edificio polifunzionale che connette il pensionato vero e proprio alla biblioteca, la men- sa, la palestra, la sala conferenze e la sede del Guf. Ne deriva una composizione che mette in risalto la differenza delle funzioni, organizzando i volumi per incastri tra i corpi di fabbrica differenziati, per tangenza tra le superfici, per alternanza di blocchi compatti e di vuoti verdi, per contrapposizione tra lamine alte e piastre orizzontali, per scivolamento tra andamenti lineari e sinuosi; il tutto dimostra come Cattaneo sia pienamente padrone del linguaggio moderno. Gli evidenti riferimenti internazionali rimandano allo studio del sistema edilizio a ballatoio, presente nella Ville Contemporaine di Le Corbusier come nelle ricerche del costruttivismo sovietico che Cattaneo potrebbe aver conosciuto. Ma la novità davvero ingegnosa del progetto della Casa dello studente sta nell'alternarsi del ballatoio con la finestra a nastro continua - stretta e lunga tra balaustra e veletta - e il terrazzo sovrastante che ha finestre da pavimento a soffitto. L'alloggio, al quale si acce- de dalle scale che conducono ai servizi igienici abbinati ogni due stanze, attraversa in tal modo tutto il corpo di fabbrica, ricevendo luce sia da est sia da ovest. Il congegno fa sì che non vi sia introspezione dal ballatoio, che le scale interne siano più brevi del consueto, perché salgono solo di mezzo piano, che i servizi igienici siano tutti accorpati in un'unica colonna e che più in alto sia ricavabile un alloggiamento per gli impianti. La cellula, poi, è un vero gioiello tipologico, dando spazio, in condizioni così esigue, sia allo studio che al relax.

L'edificio alto per gli alloggi non è però da intendersi come una torre panoramica. Le finestre non prospettano un paesaggio, ma proiettano uno sguardo a 360 gradi sulla cit- tà. Cattaneo ci tiene a distinguersi dal romanticismo di chi ha "la mania del panorama", scriverà nel 1942. Se dalle vetrate si scorge un paesaggio, sostiene, bisogna che esso sia veramente "il panorama": «un mondo di natura e di civiltà nel quale l'uomo si senta immerso con tutto il suo essere, una estensione della sua vita contemplativa individuale e familiare (che si svolge nell'interno dell'abitazione) alla contemplazione degli altri uomi- ni e delle cose; non una cartolina colorata da guardare parsimoniosamente attraverso un cristallo un po' più grande degli altri, accoccolati in una calda poltrona». Sia pure in- tesa retrospettivamente, questa frase ci può ben spiegare la forza della concentrazione di quella stanza, cubo abitativo dello studente che sta preparandosi con responsabilità alla vita adulta, alla professione.

Ragionamenti analoghi, dove la complessità delle funzioni trovano originali esiti lin- guistici, si trovano nella Casa dell'Assistenza Fascista, inserita in un modello teorico di città lineare e presentata ai Littoriali del 1935, progetto nel quale Cattaneo dimostra una formidabile scioltezza e raffinatezza organizzativa.

Se Cattaneo ha impostato fin qui con planimetrie liberamente articolate, che definirà complessi centrifughi, d'ora in poi sonderà invece composizioni centripete che tendono a richiudere la figura, definendo i sistemi edilizi come unità ben identificate. L'energia, prima liberamente fluente, rimarrà quindi come implosa all'interno.

L'architettura ne risulta come corroborata, consolidata, maggiormente sicura di sé.

Da: Cesare Cattaneo e l'alloggio collettivo urbano, a cura di Alessandra Muntoni (2022)