ARCHIVIO CATTANEO

Incipit

Giovanni Pascoli, introducendo la raccolta dei versi di un poeta appena scomparso, non trovò incipit più adatto di uno stringatissimo: «Rileggiamo.»

Ora, di fronte a questa silloge che seleziona interventi e saggi critici Di Mario Di Salvo, tra i molti di lui pubblicati nell'arco di una cinquantina d'anni, di primo acchito non mi viene in mente che riproporre la raccomandazione del grande poeta romagnolo: rileggiamo! Tale è infatti la precisione, vorrei dire l'accanimento quasi terapeutico, nel contestualizzare il pensiero e le opere di quel manipolo di intellettuali e artisti che ora identifichiamo nel Gruppo Como, tale è rimasta l'attualità dell'indagine storica non ostante gli anni trascorsi, tale l'originalità della lettura critica spesso proposta "per la prima volta" - e qui il pleonasmo mi è scappato forse per rafforzare il concetto-, tale il valore delle testimonianze dirette raccolte dai pochi superstiti di quel ventennio glorioso, che lasciare anche questi nel dimenticatoio generico dei molti contributi critici di Tizio e di Sempronio sarebbe un vero peccato.

Certo Mario Di Salvo è quello che si potrebbe definire un "architetto militante", un sognatore che ostinatamente ha creduto di poter cambiare il mondo con l'architettura, una specie particolare di architetto ormai in via d'estinzione, insomma. Intellettuale di cultura robusta in tutte le espressioni dell'arte, dalla musica alla letteratura, dalla pittura all'architettura, professionista impegnato a scala edilizia e territoriale, si potrebbe dire che Di Salvo viva l'architettura nel segno di una tradizione che lui stesso definisce: «concepire il presente come continuamente generato e generante, proiezione di un passato che a sua volta si proietta nel futuro »; ciò lo spinge inevitabilmente a indagare per prima la grande "tradizione" artistica della terra lariana, quell'architettura che Manlio Rho aveva voluto condensare in un unico collage di tre inscindibili momenti: il duomo trecentesco dei magistri, la cupola dello Juvarra e il "transatlantico" di Giuseppe Terragni. Inevitabile, quindi, che non abbia mai rinunciato a partecipare al dibattito storico sui protagonisti dell'architettura di Como e dintorni durante quello che è stato l'ultimo periodo di grande fulgore cittadino, dal 1925 al 1945.

E lo ha fatto sempre con originalità di pensiero e con onestà di indagine. Rileggiamo, ripeto, questa selezione di saggi critici del Di Salvo, nei quali ogni parola ha un significato, ogni dato è stato verificato, ogni testimonianza è veritiera. Sorvoliamo su qualche ripetizione, non potrebbe essere altrimenti in un'antologia di scritti elaborati ciascuno per proprio conto. Ritroveremo, fedeli e preziose, le parole di protagonisti come Sartoris e Radice, illuminanti le citazioni dai testi dei vari Ghyka, Bontempelli, Ciliberti, Eliade.

In un certo senso, anche se il libro parla molto di architettura, non si può dire un libro "di architettura". Terragni e Cattaneo stessi, cui l'autore dedica la maggior mole delle sue speculazioni critiche, vengono fotografati in una dimensione che va "oltre l'architettura", una dimensione, per così dire, "filosofica", nella quale «filosofia vuol dire sempre desiderio di conoscenza». (Ciliberti)

Nel volume Riflessioni d'Architettura troveremo, raggruppati in tre distinti capitoli, saggi su: Il Gruppo Como, Giuseppe Terragni, Cesare Cattaneo. Non sono capitoli a sé stanti, né a sé stanti sono i singoli saggi: ognuno di essi si incastra negli altri, tutti insieme offrono una lettura approfondita e originale del fermento culturale di quegli anni.