ARCHIVIO CATTANEO

Per Luigi Snozzi progettare e insegnare sono attività profondamente legate: da sempre ha progettato insegnando, e ha insegnato progettando. Non è un caso che la conferenza di Como, trascritta in questo prezioso piccolo libro, rimandi alla sua lezione inaugurale al Politecnico di Losanna, svolta nel 1984, trent'anni fa. Ciò dimostra la coerenza delle idee e delle sue convinzioni etiche e politiche, ma non solo: trent'anni costituiscono anche un'eccezionale durata temporale, la stessa durata necessaria per portare a compimento gli interventi urbanistici e architettonici a Monte Carasso, da tutti riconosciuti, malgrado la dimensione molto ridotta di un Comune di circa 2000 abitanti, come il manifesto costruito del pensiero politico e architettonico di Snozzi.

Nella conferenza di Como furono presentati solo sei progetti, elaborati tra 1972 e 2006, e mai realizzati: una selezione di progetti ben meditata, che fa emergere con grande chiarezza la dimensione critica del pensiero e dell'azione di Snozzi. I progetti sono molto diversificati, come sono diverse le ragioni per le quali essi non hanno potuto essere realizzati. A Brissago Snozzi usò l'arma del controprogetto per dimostrare l'assurdità dei regolamenti urbanistici, mentre a Braunschweig adoperò lo strumento dell'utopia negativa per invitare gli studenti a prendere coscienza dei veri problemi posti dalla città contemporanea. Già in questi primi saggi degli anni Settanta era evidente il tema centrale del suo pensiero, questo progettare il vuoto che costituisce il filo rosso della sua conferenza. Nei progetti più recenti per Pordenone, per i Colli Euganei e per Cabras, Snozzi critica radicalmente i processi decisionali di gestione del territorio, che separano drasticamente pianificazione urbanistica e progettazione architettonica.

Più di ogni altro progetto territoriale recente, il grande disegno per la Delta Metropolis in Olanda mostra con chiarezza come Snozzi intenda attribuire un valore pedagogico alla forma architettonica: alla complessità dei problemi della trasformazione territoriale, risponde con il gesto formale, semplice ed elementare, di un grande cerchio - un viadotto ferroviario - che unisce le diverse città della Randstad olandese. Con questo gesto elementare, che definisce i limiti fisici della crescita urbana, Snozzi intende rispondere in modo radicale al tema contemporaneo della diffusione urbana, della megalopoli: afferma la necessità di separare drasticamente un "dentro" - il centro geografico dell'Olanda che diventa un grande parco - e un "fuori" costituito dalle città esistenti. E' un progetto utopico? Snozzi risponde che si tratta del più realistico tra i progetti, perché esso si fonda interamente sulla progettazione architettonica di un viadotto ferroviario, fino ai particolari costruttivi e al controllo dei costi di realizzazione.

Nella conferenza di Como, come nella lezione inaugurale al Politecnico di Losanna nel 1984, Snozzi fa suo l'appello morale di Max Frisch a resistere contro "la fede cieca verso la tecnologia". Difende la convinzione che l'architetto debba essere un combattente, un intellettuale critico che deve continuamente rimettere in causa l'oggetto del suo lavoro: un architetto partigiano, che afferma una posizione fortemente minoritaria non per esaltare una scelta individualistica, bensì per promuovere ideali collettivi. Snozzi invita quindi, con i suoi progetti e con il suo insegnamento, architetti e studenti a prendere partito: privilegiando i valori comuni della città e del territorio rispetto al singolo oggetto architettonico, con scelte meditate e responsabili, mai per partito preso. Sceglie la forma narrativa della conferenza per trasmettere la radicalità del suo pensiero, con accenti talvolta polemici e battute ironiche che catturano l'attenzione del pubblico, come hanno affascinato prima generazioni di studenti. La forma narrativa della conferenza fu usata con successo da un altro famoso polemista dell'architettura, Le Corbusier, che nel 1928 scrisse il piccolo libro intitolato Une maison - Un Palais e concepito proprio come una conferenza. Per concludere, possiamo applicare a Snozzi quanto affermava Le Corbusier in premessa al suo libro: "Le buone conferenze sono improvvisate. [...] Con la tipografia di questo libro, il lettore si troverà nella situazione dell'uditore per il quale questa conferenza è stata immaginata".

Pierre-Alain Croset