ARCHIVIO CATTANEO

La prima volta lo incontrai in Rue des Trois Portes, una delle vie più sporche e insignificanti di Parigi. Fu la curiosità a spingermi a entrare in quella via. Mi ero messo alla ricerca dei luoghi caratteristici della vecchia Parigi; il caso volle che avessi preso alloggio in Rue Lagrange, nelle immediate vicinanze di Rue des Trois Portes e di numerose viuzze e vicoli ciechi che attirano gli stranieri.

Si presentò sul portone dell'Hôtel du Centre, che ospitava vari altri negri: era vestito con molta cura, le scarpe dalla suola spessa, i pantaloni perfettamente stirati e una maglia di lana grigio chiaro con un bordo blu. Spesso, quando si trovano in Europa, i negri hanno una cura fin troppo eccessiva del loro aspetto, quasi a spostare l'attenzione dal colore della loro pelle ai loro vestiti. Non so ancora perchè Georges fosse uscito dall'albergo in quell'istante; non vi abitava e non era neppure di casa in quel luogo. Si poteva muovere in questo quartiere più liberamente rispetto agli altri negri; qualcosa lo distingueva da loro: camminava come camminano solo i discendenti di un antico casato reale, con l'incedere aristocratico di chi è senza preoccupazioni, con un'espressione ingenua e intelligente allo stesso tempo, da leader indiscusso della sua tribù una volta conquistata l'indipendenza.

Mi venne incontro mentre ero sul punto di scattare una foto dell'imbocco di Rue des Trois Portes: un ricordo per dopo, per quando sarei tornato in Olanda. Probabilmente non voleva essere ripreso. Il gesto della sua mano mi fece alzare gli occhi dal mirino e attendere.

- Non ancora, - disse, facendosi vicino. - Un attimo.

Il suo francese era corretto, ma qualcosa tradiva l'origine straniera. E subito dopo aggiunse:

- Adesso può fare quello che vuole.

Una volta fuori dalla portata della mia macchina fotografica, si mise a guardare come scattavo la foto e con un certo disprezzo aggiunse:

- Quelli sono di poco interesse!

Intendeva due o tre negri usciti dall'albergo dopo di lui. Rimasi piuttosto meravigliato di questa affermazione, ma ancora di più del fatto che avesse detto qualcosa. I Francesi, e ancor di più i negri, non si impicciano di un turista che osserva la loro città con un interesse di cui loro non percepiscono più nemmeno il fastidio. Georges doveva aver notato nel mio sguardo lo stupore, perché improvvisamente cominciò a ridere.

- Un uomo in più o in meno non fa molta differenza qui, per lo meno fintanto che non riguardi me.

Non gli risposi, anche perché ebbi l'impressione che volesse dirmi di più; ma tutto a un tratto sembrò accorgersi che non mi conosceva, si strinse nelle spalle e interruppe bruscamente il nostro incontro.

Senza cambiare tono mi salutò: - Au revoir, monsieur!

Si girò ed entrò in Rue Lagrange dalla parte di Place Maubert.

«Au revoir, monsieur». Successivamente lo rividi parecchie volte e, ancora oggi, non mi costa il benché minimo sforzo riportare davanti agli occhi quella figura, nel momento in cui s'avviava verso il Boulevard Saint-Germain: il suo portamento regale e tutto il senso di libertà che sprigionava il suo aspetto. Mi sarebbe sempre piaciuto sapere cosa facesse in quella via e in quel giorno, ma non sono mai riuscito a scoprirlo.