ARCHIVIO CATTANEO

Incipit 

Per quanto possa sembrare strano, non c'è stata mai una storia degli ideali. È stranissimo perché gli ideali sono più importanti delle idee. Proprio questa mancanza mi ha determinato a tentare di scriverne una io, anzi di darne qui un saggio.

Sembrerebbe facile estendere il concetto d'ideale a tutti i creatori d'idee. Innumerevoli filosofi in tutti i popoli hanno elaborato sistemi filosofici diversi, ma questi sistemi non sono altro che un mosaico d'idee altrui o di soluzioni anche personali, ma parziali: manca sovente la linfa generatrice. Per la brevità del tempo concesso in questi tre o quattro mesi limiterò la mia ricerca a quei grandi profeti, filosofi, artisti, compositori e poeti che in determinate epoche dischiusero un nuovo orizzonte al mondo per ragioni che adesso spiegherò.

Tutto quello che è vera proiezione dell'infinito è infatti primordiale apparizione del mondo nuovo, senza esempio; tutto il resto è derivato e l'unità dell'universalità si manifesta sotto un nuovo aspetto vasto come l'oceano.

Nel Medioevo - anzi nella sua prima fase, l'alto Medioevo - non vi è filosofia (ultimo grande filosofo era stato Proclo), né letteratura degna di questo nome. Improvvisamente sorgono a Como e nella sua Diocesi i Maestri Comacini i quali generarono l'architettura che s'irradiò in tutta Europa, dando un volto unitario al mosaico cosmico sorgente sotto il nuovo pathos. Un ideale è un tempio: soluzione del mistero sotto un aspetto plastico; infinità dell'Io che si irradia nella totalità delle forme statiche, capace di generare un mondo, un ideale implicito, quindi vera filosofia.

Un altro movimento l'abbiamo avuto nel Quattrocento, quando inizia la storia della cultura dopo i grandi trecentisti: Dante, Petrarca, Boccaccio, i generatori del Rinascimento. Nella letteratura del Rinascimento non vi è un genio in tutta l'Europa. È la pittura che crea un nuovo senso cosmico e come tale va compresa.

Lo stesso potremmo dire del nostro Seicento, considerato epoca di decadenza: è Monteverdi il vero creatore dell'epoca. Se nel 1700 inquadriamo Johan Sebastian Bach, che è forse il massimo compositore di tutti i tempi, il nostro panorama cambia veramente e mentre imperversa lo stile Rococò, o Arcadia, in tutta Europa ecco apparire in Italia Vivaldi, precursore del Romanticismo musicale che, penetrato attraverso nuovi compositori e poeti, sarebbe poi ritornato nei paesi latini.

Ho accennato a questi temi per tentare una definizione d'ideale. Per ideale intendo quell'originalità emotiva che si rivela in forme stilistiche assolute tali da imprimere un nuovo ritmo al cosmo.

Oggi in questa breve prolusione, mi limito ad accennare ai motivi fondamentali che anticiperanno la civiltà del Cristianesimo, l'apparizione di Gesti e la sua essenza suscitando se non comprensione, intuizione da parte delle turbe. Ciò tenendo gran conto dell'Oriente la cui influenza è di solito trascurata da tutti gli storici, perché tutta l'Asia è decaduta. L'Asia non è più quella di prima. L'autorità, o unità creativa, è passata agli europei per una generale decadenza mondiale.

Il problema del cristianesimo e dei suoi ideali di cui tratto oggi è enormemente complesso ed è poco studiato da noi, mentre è il problema più importante, perché l'incarnazione di Cristo divide in due la storia universale; ma dell'essenza del messaggio evangelico parlerò la prossima volta.

Tralascerò la storia dell'Antico Testamento, che è preludio al Nuovo. Chiuso verso il quarto o terzo secolo avanti Cristo, ci porterebbe indietro di parecchi secoli e allungherebbe il nostro compito già arduo. La civiltà ebraica ha raggiunto il suo culmine attraverso grandi profeti che, in antitesi allo spirito ebraico, preludono al rinnovamento cristiano: i massimi sono Isaia nell'ottavo secolo, Geremia nel settimo, Ezechiele nel sesto.

Con la conquista della Persia da parte di Alessandro Magno nel 330 inizia il grande impero ellenista, suddiviso poi fra i suoi successori, mantenendo comunque un carattere unitario. Nell'età ellenistica la Persia, che aveva conquistato la Palestina e fondato un grande impero universale, spargeva la sua luce in tutta l'Asia anteriore e poi finalmente anche nel mondo, ed è appunto di questa Persia che oggi voglio parlare.

Su Zarathustra, grandissimo genio iranico, si sono fatte indagini sempre più importanti proprio in questi ultimi due decenni. Ho osservato un ideale pre-cristiano nel profeta e nel pathos che egli generò nei suoi successori. Dico questo non per diminuire l'originalità del cristianesimo, ma soltanto voglio distribuire questa idea nel tempo per vedere in cosa consista la reale singolarità del messaggio di Cristo.

I seguaci di Zarathustra, sebbene fossero numerosi, si sono rifugiati, perché perseguitati, nel nord della Persia (grecizzati poi in Zarathus o anche Zarathustriani, dal nome Zarathustra che italianizziamo in Zoroastro). Essi credono che egli sia nato verso il 650 a.C, ma testimonianze lo fanno molto più antico. Ricerche tendono a dimostrare che parte del vasto libro sacro a lui dedicato, ossia le strofe delle Gāthā, siano anteriori al 1000 a.C.. Si credeva un tempo che egli fosse un precursore degli antichi profeti ebrei, e tuttora i suoi seguaci lo credono. Se così fosse Zarathustra sarebbe stato il primo profeta del mondo, e secondo alcuni il massimo, in quanto la Genesi e gli altri libri del Pentateuco sono - come noto - più tardi.

Zarathustra fu il primo che, contro il politeismo iranico e il panteismo che ad esso soggiaceva, tragicamente concepì, il mondo come lotta terribile tra bene e male; bene e male che non sono patrimonio delle creature soltanto, ma investono le fondamenta stesse dell'universo, in quanto vi sono due principi originari di esso: Ahura Mazdā, dio della luce e del bene e Ahriman, dio delle tenebre e del male.

Questi due principi non sono tali per le qualità intrinseche, il che condurrebbe ad un naturalismo, ma sono profondamente unite come elevazione oltre il tempo, ossia il bene e il male derivano da un atto originario. Questo è il dramma perenne dell'universo. Da questi due principi promanano principi derivati e tutto l'universo geme sotto questa lotta. Zarathustra non distingue lo spirito come bene dalla materia come male, concezione dei greci tramandata al cristianesimo, e questa lotta alla quale l'uomo partecipa ha la sua sanzione nell'aldilà, dove gli eletti saranno riportati in un mondo in cui la materia sarà celeste - una trasfigurazione totale - e invece i malvagi saranno distrutti. Questa è l'unica pena che tutto l'universo avrà. Resterà solo il diamante incandescente dallo splendore della luce. Zarathustra sperava forse di realizzare questo regno celeste egli stesso, ma non poté, onde i suoi seguaci ricominciarono sempre più a sperare nel discendente promesso da Zarathustra, il liberatore che, nato da una donna, avrebbe compiuto l'opera.

Prima il mondo non aveva dato nulla di simile. Né la mitologia di derivazione assiro-babilonese, né quella egizia, né la creduta antichità della Genesi hanno detto qualcosa di così sublime. Molti storici vogliono fare derivare i profeti ebrei da una parte da Zarathustra, e dall'altra dallo stesso Budda. Ma qui siamo nel campo delle ipotesi. È certo che la posizione della Persia poté certamente subire influenze, anche perché al grande impero di Ciro - esteso dai Semiti della restante Asia anteriore, ossia occidentale, fino alle rive dell'Indo, dove pervenne poi Alessandro Magno - bene si conveniva una religione universale come quella di Zarathustra, che in fondo conduce al monoteismo.

Lasciando stare questa questione di derivazione per cui mancano i documenti, riveniamo ancora al punto di partenza, ossia al 330 a.C. con la caduta dell'impero persiano sotto la conquista d'Alessandro Magno che fece apparentemente cessare l'influenza persiana. Perché vinta, non comunicò più il suo spirito, come avvenne alla Grecia, ma tutto quello che vi fu di grandissimo nell'Asia è quasi fondamentalmente persiano. Con ciò non voglio negare la grandezza di Geremia che ha un ruolo nella religione ebraica paragonabile a quella di Gesù nella nostra.

Nello stesso 330 cade sotto la Grecia anche la Palestina che aveva sempre sperato in un Messia che doveva darle il dominio di tutto il mondo e, data l'ingiustizia sociale dei tempi, incomincia ad abbandonare la concezione del Messia come colui che regna sulla terra e sogna il Messia celeste, che parla non soltanto a tutti gli uomini, ma anche a tutte le cose, alla terra, all'aria, alla notte, al sole. Le influenze iraniche sono evidenti e controllabili.

Si ha quindi il fiorire della letteratura e la rivelazione di quello che si attende, ossia il grande cataclisma cosmico. Ve ne sono varie di Apocalisse, fra esse quella di San Giovanni, ma vi sono molte Apocalisse ebraiche redatte fra I e II secolo dopo Cristo. La più antica Apocalisse è un frammento apocrifo nella Bibbia (Isaia, 24-25), la più nota è quella di Daniele del Vecchio Testamento, la più bella quella di Giovanni del 70 o 80 d.C.. Queste Apocalisse danno un quadro differente di come si svolgerà il grande cataclisma cosmico - come vuole Giovanni - non per tutte le nazioni ebraiche, ma per chi ha fatto il bene, quindi individuali e universali nello stesso tempo. La teoria della resurrezione prima non esisteva fra gli ebrei: la pena o il premio si hanno quaggiù sulla terra per i buoni o i malvagi, onde la disperata domanda del libro di Giovanni se i giusti devono essere premiati perché soffrono. Dell'aldilà non si parla. È solo in questa tarda compilazione che appare questo criterio. La resurrezione nell'Apocalisse è limitata solo ai giusti: sono degni di vita coloro che generano il bene, gli altri saranno annullati e la distruzione è la pena. Attraverso questa distruzione sociale si ha allora il sentore che ormai non ci sia più speranza nella terra, che tutto vada alla rovina, che anzi il male si accresca quando le potenze demoniache saranno scatenate, o che si avrà una grande bufera.

Nell'imperversare dello spavento allora scenderà il Messia celeste e chiamerà i buoni per un regno quaggiù sulla terra, la durata del quale è determinata nei testi verso il Mille, onde la teoria del Millenarismo. Dopo mille anni si scatenerà di nuovo la potenza malefica profittando di una specie di interregno e finalmente si avrà il nuovo regno messianico. Questo quadro, forse un po' complicato, è un quadro grandioso con immagini dell'Apocalisse, visione enorme e viva, sentita dal popolo.